Money Must Be Made. Una provocazione per una Venezia alternativa
La mattina del 2 luglio scorso circa 4000 veneziani hanno trovato nella loro buca delle lettere una bustarella, contenente otto banconote false, disegnate da 8 studi grafici di Venezia – bruno, Tomomot, Fabrizio Berger, Lorenzo Mason Studio, Sebastiano Girardi Studio, Livio Cassese, Tapiro, Fabio Mialich e Erika Froner – e stampate dall’unica tipografia di carattere industriale rimasta attiva in centro storico – Grafiche Veneziane.
Si trattava dell’atto culminante di Money Must Be Made, un progetto ideato dagli autori delle banconote e da Grafiche Veneziane ancora in pieno lock-down.
Il progetto è nato come una provocazione: sono stati disegnati, realizzati e distribuiti soldi falsi, otto diverse banconote d’autore, per porre l’accento su un problema reale, ovvero sulla possibilità di creare ricchezza e lavoro a Venezia investendo sulla cultura. L’idea di Money Must Be Made è stata sin da subito quella di usare le banconote nel loro significato originario, ovvero come strumento o mezzo di scambio. La pretesa era cioè quella di usare i soldi come un mezzo per attirare l’attenzione dell’opinione pubblica sulla presenza in città di una comunità di lavoratori e lavoratrici, attivi perlopiù nel mondo della grafica e dell’editoria, capaci di creare lavoro di altissima qualità, molto apprezzato sia in Italia che all’estero, ma troppo spesso non adeguatamente conosciuto e valorizzato pur all’interno della ristretta dimensione veneziana.
Venezia – questo il messaggio che si pretendeva di lanciare – è anche una comunità dinamica capace di attrarre investimenti pur al di fuori del settore turistico, una rete di persone e attività imprenditoriali che ha saputo costruirsi negli anni una reputazione nazionale e internazionale e che vuole continuare a credere in Venezia per il proprio futuro professionale e di vita. I fortunati destinatari delle banconote venivano poi invitati a visitare il sito del progetto www.moneymustbemade.eu e a sottoscrivere la lettera/manifesto che spiega le ragioni e gli obiettivi dell’iniziativa.
Diverse settimane dopo la consegna delle bustarelle è, come si suol dire, tempo di bilanci. Abbiamo ricevuto un consenso trasversale alla nostra iniziativa, le sottoscrizioni sfiorano il migliaio e le banconote ci vengono richieste un po’ da tutta Italia. È stata per tutti noi una grande manifestazione di affetto e vicinanza che ci ha aiutato a sorridere pur in un periodo particolarmente difficile per tutti i lavoratori e le lavoratrici dell’industria culturale. Eppure molte delle domande sollevate dalla nostra provocazione rimangono ancora aperte.
La crisi seguita all’epidemia da Covid-19 ha di fatto messo a nudo la disarmante miopia di una gestione dell’economia cittadina esclusivamente incentrata sulla monocultura turistica. Una delle otto banconote mostra con grande plasticità come Venezia abbia finora vissuto il suo rapporto con il turismo. Il turista è come il cormorano ritratto sul retro della banconota intento ad asciugarsi su una “bricola”. Da un lato è una delle specie protette della Laguna; dall’altro è un uccello che ogni giorno è costretto a divorare grandi quantità di pesce, contribuendo in questo modo alla distruzione dell’ecosistema in cui vive. In maniera del tutto analoga, l’economia di Venezia sembra avere bisogno per sopravvivere proprio di quel turismo che sta disgregando il tessuto sociale cittadino.
La tragedia del Covid ha spezzato questo circolo vizioso, aprendo forse per la prima volta in molti anni lo spazio per pensare a un modello di sviluppo alternativo. Si tratta ormai di una necessità inderogabile e di un compito che non può più essere procrastinato. Il nostro progetto vuole essere un primo invito a guardare a quanto di buono già si realizza e produce in città, a pensare a Venezia come ad un laboratorio creativo aperto all’esterno, al mondo al di là del ponte, ancora in grado di attrarre risorse e creare occupazione anche per i nuovi residenti e i futuri cittadini.